L’impatto del Covid-19 sui contratti transfrontalieri

L’impatto del Covid-19 sui contratti transfrontalieri

a cura di avv. Simone Scelsa e dott.ssa Giorgia Renne

In data 11 aprile 1980 veniva adottata la Convenzione delle Nazioni Unite sui contratti di compravendita internazionali di beni mobili, meglio conosciuta come Convenzione di Vienna oppure CISG (Convention on Contracts for the International Sale of Goods). La Convenzione di Vienna è stata negli anni ratificata da 92 Stati, tra cui la maggior parte dei Paesi UE: in particolare, l’Italia ha ratificato il trattato con Legge n. 765 del giorno 11 dicembre 1985 (recante, per l’appunto, norme di “Ratifica ed Esecuzione della Convenzione delle Nazioni Unite sui Contratti di Compravendita Internazionale di Merci, adottata a Vienna l’11 aprile 1980”). La data di effettiva entrata in vigore della Convenzione di Vienna è il giorno 1° gennaio 1988.

Le ragioni alla base dell’adozione di un simile trattato risiedono nell’esigenza di prevedere, a fronte di sistemi normativi nazionali così diversi, una disciplina comune al fine di regolare un fenomeno particolarmente diffuso: lo scambio commerciale tra operatori economici non provenienti dal medesimo Paese, mediante la stipulazione di contratti a carattere transfrontaliero.

 

Ecco allora che, nel caso in cui entrambi gli Stati di provenienza dei contraenti abbiano firmato e ratificato la Convenzione di Vienna, saranno proprio le norme di quest’ultima a disciplinare il contratto in essere tra le parti, e ciò al fine di favorire lo sviluppo del commercio internazionale.

 

La Convenzione, infatti, regola numerosi aspetti di tali contratti di compravendita internazionali: a mero titolo esemplificativo, tra gli aspetti disciplinati dal trattato in esame vi sono le modalità di formazione del contratto, le obbligazioni in capo al soggetto venditore e al compratore, la disciplina delle ipotesi di inadempimento e le cause di esonero da responsabilità.

 

La rilevanza di queste norme è oggi ancora più evidente se si considera l’attuale situazione di emergenza causata dalla diffusione del virus Covid-19. Molti dei provvedimenti adottati degli Stati colpiti dal c.d. Coronavirus, infatti, stanno avendo forti ripercussioni sul commercio sia nazionale che internazionale: si pensi alla chiusura forzata di tutte quelle attività ritenute non essenziali, ai divieti di circolazione se non per motivi specifici e, soprattutto, ai controlli alle frontiere che di fatto limitano il trasferimento di merci da uno Stato all’altro. A fronte di una tale situazione è prevedibile che molti operatori economici residenti nei Paesi costretti ad adottare un regime di lockdown – al fine di impedire la diffusione del Covid-19 – si siano trovati improvvisamente nell’impossibilità di dare attuazione agli obblighi assunti nei confronti della controparte straniera.

Quali conseguenze può avere un tale impedimento sul contratto di compravendita internazionale in essere tra le parti? Di quali rimedi può avvalersi la controparte estera a fronte di un eventuale inadempimento? L’epidemia da Covid-19 può costituire un’esenzione da responsabilità per il contraente inadempiente?

L’analisi, seppur sintetica, della Convenzione di Vienna che ci si accinge ad intraprendere può offrire risposte a tali quesiti.

Ambito di applicazione

In primo luogo, è opportuno definire quale sia l’ambito di applicazione della Convenzione di Vienna: esso, infatti, viene limitato dalle stesse previsioni della prima parte, la quale è per l’appunto intitolata “Ambito di applicazione e disposizioni generali”. Nello specifico, l’art. 1 CISG sancisce che la Convenzione di Vienna si applica ai contratti di vendita di beni mobili stipulati tra parti le cui sedi d’affari si trovano in Stati differenti qualora ricorra una delle seguenti ipotesi:

  1. quando entrambi i Paesi, ove sono ubicate le sedi d’affari dei contraenti, hanno sottoscritto e ratificato la Convenzione di Vienna. In tal caso, il trattato regolerà i rapporti tra le parti contraenti automaticamente, senza che sia necessario che queste inseriscano all’interno del contratto di compravendita internazionale una clausola ad hoc che stabilisca l’applicabilità della Convenzione di Vienna all’accordo.
  2. quando le norme di diritto internazionale privato portano all’applicazione della legge di uno Stato contraente”. In altri termini, le norme di diritto internazionale privato devono individuare quale legge applicabile allo specifico contratto la legge di uno Stato parte della Convenzione di Vienna.

 

Da tali disposizioni emerge chiaramente una delle caratteristiche principali del trattato in esame: le disposizioni della Convenzione di Vienna valgono per gli Stati che l’hanno ratificata come norme di diritto interno. La Convenzione di Vienna è, ai fini della disciplina dei contratti di compravendita transfrontalieri, normativa nazionale per tutti i 92 Paesi che hanno aderito al trattato. Pertanto, gli organi giurisdizionali nazionali potranno applicare direttamente la Convenzione al fine di risolvere le controversie in tema di compravendita internazionale.

 

Ciò premesso, sarà allora evidente la ratio delle norme di cui all’art. 1 CISG; tuttavia, per chiarirne meglio la portata pratica potrebbe essere opportuno ricorrere ad alcuni esempi:

  1. se un’impresa italiana e una americana (ossia, entrambi Stati che hanno ratificato la Convenzione di Vienna) stipulano un contratto di compravendita internazionale, in cui non è specificato espressamente che sarà proprio il trattato in esame ad applicarsi al loro accordo, sia per l’ordinamento italiano che per quello statunitense il diritto interno applicabile ai casi di compravendita internazionale è la Convenzione di Vienna, la quale pertanto si applicherà automaticamente al contratto internazionale stipulato tra le parti, ovviamente solo in riferimento alle materie regolate dal trattato (formazione del contratto, obbligazioni dei contraenti, rimedi all’inadempimento, ecc…);
  2. qualora le due imprese del punto 1. abbiano, invece, previsto espressamente l’applicazione della legge italiana al contratto stipulato, anche in questo caso troverà automatica attuazione la Convenzione di Vienna – che, lo si ripete, vale quale diritto interno nazionale per la disciplina delle materie regolate dal trattato –, a meno che le imprese contraenti ai sensi dell’art. 6 CISG non abbiano escluso espressamente la sua applicazione;
  3. nel caso in cui, diversamente, a stipulare un contratto di compravendita internazionale siano un’impresa italiana e una inglese (la Gran Bretagna non ha mai ratificato la Convenzione), concordando espressamente che la normativa nazionale italiana sia la legge applicabile all’accordo tra le parti, troverà applicazione la Convenzione di Vienna per la medesima motivazione di cui sopra al punto 2.;
  4. considerando le stesse imprese contraenti del punto precedente e ipotizzando che queste, al momento della stipula del contratto, nulla abbiano stabilito in merito alla legge applicabile al loro accordo, non troverà applicazione la Convenzione di Vienna a meno che, in base alle norme di diritto internazionale privato, la normativa da applicare al contratto di specie non risulti essere proprio la legge italiana: a questo punto varranno le medesime soluzioni di cui ai punti 2. e 3.

Ciò detto, non resta che approfondire quali contratti non siano invece assoggettati alla disciplina dal trattato in commento, per cui naturalmente la sua applicazione è esclusa. Seguendo lo stesso ordine degli articoli, la Convenzione di Vienna non si applica a:

  • Art. 2 CISG: vendite a) di beni mobili acquistati per uso personale, familiare o domestico, salvo che il venditore ignorasse tale destinazione, b) all’asta, c) effettuate in seguito a pignoramento o ad altro atto giudiziario, d) di titoli di credito o valuta, e) di navi, battelli, aeronavi o aeromobili, f) di energia elettrica;
  • Art. 3, comma 2, CISG: “contratti nei quali la parte preponderante delle obbligazioni del contraente che fornisce i beni consiste nella fornitura di mano d’opera o di altri servizi”. Pertanto, l’applicazione del trattato in esame è esclusa ogni qual volta non intercorra tra le parti un contratto di compravendita di beni mobili. La Convenzione, tuttavia, propone un’interpretazione estensiva del concetto di “vendita”, riconducendo all’interno del suo alveo “i contratti di fornitura di beni da fabbricare o produrre, a meno che la parte che commissiona i beni non si impegni a fornire una parte sostanziale dei materiali necessari per tale fabbricazione o produzione” (art. 3, comma 1, CISG).

 

E infine, bisogna ribadire che la Convezione di Vienna regola molti aspetti dei contratti di compravendita internazionale, ma non tutti; tra gli istituti non oggetto di disciplina da parte delle previsioni della Convenzione vi sono:

  • Art. 4 CISG: la validità del contratto o di singole sue clausole o degli usi (comma 1, lett. a), nonché gli effetti derivanti dal contratto sul trasferimento della proprietà dei beni venduti (comma 1, lett. b);
  • Art. 5 CISG: la responsabilità del venditore per morte o lesioni personali causate dai beni a qualsiasi persona.

Alla luce di quanto sopraesposto, è evidente l’ingente rilevanza che hanno le norme della Convenzione di Vienna (le quali, come già detto, hanno valore di norme di diritto interno per tutti i 92 Paesi aderenti) nel disciplinare i rapporti contrattuali di compravendita tra operatori commerciali con sede d’affari in Paesi differenti. Le parti tuttavia possono, ai sensi dell’art. 6 CISG, “escludere l’applicazione della presente Convenzione o […] derogare a singole sue disposizioni o modificarne gli effetti”. Pertanto, è possibile che i contraenti, nell’esercizio della propria autonomia contrattuale, concordino di non applicare il trattato in commento al rapporto commerciale in essere tra loro, oppure decidano di modificare il contenuto o gli effetti di alcune disposizioni della Convenzione. Tutto ciò, naturalmente, dev’essere dichiarato espressamente. La facoltà di derogare o modificare solo alcune previsioni del trattato (art. 96 CISG) ovvero di escluderne l’applicazione (artt. 94-95 CISG) è riconosciuta altresì agli Stati firmatari dalla stessa Convenzione di Vienna: infatti, nell’ultima parte dedicata alle “Disposizioni finali” è previsto che i Paesi contraenti possano adottare dichiarazioni modificative o derogative delle disposizioni della Convenzioni, ma solamente nelle ipotesi ed entro i limiti imposti dal trattato medesimo; vi sono Stati, come ad esempio l’Italia, che hanno deciso di non apportare alcuna variazione.

Rimedi all’inadempimento

Proseguendo la disamina del testo della Convenzione di Vienna, successivamente alla seconda parte dedicata alla “Formazione del contratto”, la terza parte del trattato intitolata “Vendita di beni mobili” disciplina sinteticamente quali siano le obbligazioni a carico del soggetto venditore (artt. 30 e ss. CISG) e dell’acquirente (artt. 53-60 CISG). Normalmente sono proprio le parti contraenti a descrivere nel dettaglio gli obblighi assunti, e questo anche mediante il ricorso ai c.d. Incoterms (i quali sono già stati oggetto di trattazione, vd. link articolo).

Le norme della Convenzione di Vienna relative alle obbligazioni di venditore e compratore, nonché ai rimedi per l’eventuale inadempimento dei contraenti, è certamente quella ad oggi di maggior interesse proprio in ragione dell’attuale emergenza da Covid-19.

Come già anticipato, in questi mesi molte imprese con sede negli Stati più colpiti dalla diffusione del Coronavirus non hanno potuto adempiere a propri obblighi contrattuali – assunti nei confronti di controparti straniere in forza di un contratto di compravendita internazionale – a causa delle misure di contenimento adottate a livello nazionale (o regionale). A causa del lockdown delle attività produttive, alle imprese nazionali non è consentito predisporre le merci destinate alle controparti commerciali ubicate all’estero; e anche qualora la merce fosse già pronta per essere venduta, la sua consegna incontrerebbe non poche difficoltà a causa dell’imposizione di limiti e divieti alla circolazione, dovuta sempre all’esigenza di contenere la diffusione della epidemia. Nemmeno l’esecuzione delle prestazioni del compratore è immune ai molteplici effetti negativi dovuti alla pandemia da Covid-19: infatti, così come il venditore potrebbe avere problemi a consegnare la merce oggetto della compravendita, anche il compratore – con sede d’affari in un differente Stato – potrebbe incontrare difficoltà a prenderla in consegna (obbligo impostogli in forza degli artt. 53 e 60 CISG).

È opportuno allora rilevare quali siano i rimedi individuati nella Convezione di Vienna nel caso in cui una delle parti del contratto di compravendita internazionale non adempia alle proprie obbligazioni nascenti dall’accordo stipulato con la controparte straniera. La Convenzione di Vienna delinea un sistema di rimedi contro l’inadempimento comune sia al venditore sia all’acquirente.

Bisogna, innanzitutto, premettere che la disciplina dei rimedi dettata nella Convenzione di Vienna è fondata sul principio di conservazione degli effetti del contratto.

Ciò significa che, in caso di inadempimento o impedimento nell’esecuzione del contratto, l’obiettivo primario cui sono volte le previsioni del trattato è quello di mantenere in vigore l’accordo tra le parti contraenti. Tale principio emerge chiaramente nelle disposizioni relative ai difetti di conformità della merce: in tal caso il compratore potrà, in forza dei commi 2-3 dell’art. 46 CISG, chiedere al venditore sia l’eliminazione del difetto sia la sostituzione della merce (“se il difetto di conformità costituisce un inadempimento essenziale”). È evidente che tali soluzioni siano finalizzate alla conservazione degli effetti del contratto di compravendita internazionale, così come la previsione di cui all’art. 47 CISG: “Il compratore può fissare al venditore un termine supplementare di durata ragionevole per l’adempimento delle sue obbligazioni”. Così il venditore che non ha consegnato la merce nei tempi previsti nel contratto di compravendita internazionale (per cui trova applicazione la disciplina della Convenzione di Vienna) può ottenere dal compratore straniero un “termine supplementare di durata ragionevole per l’adempimento delle sue obbligazioni”. L’iniziativa volta alla conservazione degli effetti del contratto può provenire dallo stesso venditore inadempiente, il quale ai sensi dell’art. 48 CISG può “rimediare a sue spese ad ogni inadempimento nella esecuzione delle sue obbligazioni”. Ovviamente il venditore (ma altresì il compratore nelle ipotesi di cui agli artt. 46-47 CISG) deve comunicare tempestivamente a controparte le sue intenzioni, e l’acquirente in ogni caso conserva il diritto al risarcimento dei danni subiti. Il principio di conservazione degli effetti contrattuali si evince altresì dalla gravità delle condizioni in presenza delle quali è concessa la risoluzione del contratto di compravendita internazionale tra le parti: infatti, l’art. 49 CISG sancisce che il compratore può dichiarare la risoluzione del contratto in caso di:

  • inadempimento essenziale del venditore. È la stessa Convenzione di Vienna a fornire all’art. 25 CISG una definizione del concetto di “inadempimento essenziale”: l’inadempimento si considera essenziale quando “quando causa all’altra parte un pregiudizio tale da privarla sostanzialmente di ciò che essa aveva diritto di aspettarsi dal contratto”;
  • mancata consegna dei beni compravenduti entro il termine supplementare previsto ai sensi dell’art. 47 CISG.

Si evince allora che l’istituto della risoluzione per inadempimento è concepito all’interno della Convenzione di Vienna come extrema ratio, ossia una soluzione configurabile nel caso in cui non sia possibile preservare in alcun modo il contratto in essere tra le parti.

Cause di esonero

Vi sono, inoltre, eventualità in cui la parte di un contratto di compravendita internazionale non sia tenuta a rispondere della mancata esecuzione degli impegni assunti in sede di stipula contrattuale; tali ipotesi sono le cause di esonero da responsabilità regolate all’art. 79 CISG: “Una parte non è responsabile per l’inadempimento di una delle sue obbligazioni se prova che l’inadempimento era dovuto ad un impedimento derivante da circostanze estranee alla sua sfera di controllo, e che non era ragionevolmente tenuto a prevedere al momento della conclusione del contratto o ad evitare o a superarne le conseguenze”. Alla luce di quanto disposto dal citato articolo, pertanto, un contraente potrebbe liberarsi dalla responsabilità derivante dal mancato adempimento delle proprie obbligazioni contrattuali dimostrando che tale impossibilità è dovuta a circostanze:

  • totalmente estranee alla sua sfera di controllo;
  • che non avrebbe potuto ragionevolmente prevedere al tempo della stipula del contratto;
  • inevitabili, o le cui conseguenze negative non potrebbero in alcun modo essere superate.

Un’altra condizione molto importante, ai fini dell’operatività della norma di cui all’art. 79 CISG, è l’obbligo del contraente inadempiente di avvisare la controparte dell’impedimento – e dell’impossibilità, per l’effetto, di assolvere ai propri obblighi nascenti dal contratto – “entro un lasso di tempo ragionevole”, altrimenti sarà “responsabile dei danni derivanti da tale mancata ricezione” della notifica (è il temine usato nella Convenzione di Vienna) ai sensi dell’art. 79, comma 4, CISG.

Occorre quindi chiedersi se la presente emergenza da Covid-19 possa essere ritenuta una valida causa di esonero da responsabilità per il contraente che, in ragione delle forti limitazioni dovute alle misure di contenimento adottate, non riesca ad eseguire le obbligazioni assunte nei confronti di controparte estera in forza di un contratto di compravendita a cui si applica la Convenzione di Vienna.

Una pandemia può certamente considerarsi una circostanza del tutto imprevedibile, inevitabile e certamente estranea alla sfera di controllo delle parti, così da giustificare la configurabilità dell’esenzione da responsabilità di cui all’art. 79 CISG.

Ciò vale senz’altro per i contratti di compravendita internazionale stipulati prima dell’inizio del propagarsi del Coronavirus. Se invece il rapporto contrattuale è stato costituito successivamente al verificarsi della pandemia in corso – ormai l’epidemia da Covid-19 è fatto più che noto –, mancherebbe il requisito dell’imprevedibilità dalla circostanza esimente; quindi il mancato adempimento della propria obbligazione da parte del venditore (o del compratore) comporterà una sua responsabilità da inadempimento, e consentirà alla controparte si avvalersi dei sopracitati rimedi previsti dalla Convenzione di Vienna.

Difficilmente, inoltre, gli effetti limitativi del commercio internazionale, derivanti dai provvedimenti adottati per contrastare la presente pandemia, escludono completamente che il contraente possa adempiere agli obblighi assunti nei confronti di controparte; l’esecuzione della sua obbligazione contrattuale potrebbe essere, semmai, più difficoltosa oppure più onerosa. In tal caso, non è configurabile la condizione di insuperabilità delle conseguenze delle circostanze impeditive di cui all’art. 79 CISG e, pertanto, non è applicabile il rimedio della risoluzione. Le parti possono ad ogni modo fare ricorso agli altri rimedi previsti nella Convenzione di Vienna in caso d’inadempimento, soluzioni che – come già illustrato nel paragrafo precedente – hanno la finalità di conservare gli effetti del contratto di compravendita internazionale in essere. Il compratore può, ad esempio, ai sensi dell’art. 47 CISG prevedere un termine supplementare per consentire al venditore di eseguire i propri obblighi nascenti dal contratto (si ricorda che la medesima facoltà è stabilita all’art. 63 CISG anche in favore del venditore in caso di inadempimento dell’acquirente). In tal caso, il termine supplementare – compatibilmente alle esigenze del contraente che subisce adempimento tardivo di controparte – sarà fissato a un periodo in cui, auspicabilmente, l’attuale situazione di emergenza sarà cessata.

Infine, è lo stesso art. 79 CISG a sancire al comma 3 che “l’esonero di responsabilità previsto da questo articolo produce effetto per il periodo nel quale l’impedimento sussiste”. L’effetto liberatorio dell’articolo in esame ha quindi una durata limitata al perdurare della medesima circostanza (incontrollabile, imprevedibile e inevitabile) che lo ha generato. Una volta che verranno gradualmente rimossi i limiti e i divieti previsti per contenere la diffusione del Covid-19, il compratore leso dall’inadempimento del venditore potrebbe, ad esempio, avere ancora interesse all’esecuzione del contratto di compravendita internazionale e, pertanto, potrebbe chiedergli l’adempimento delle sue obbligazioni contrattuali, “a meno che non si sia avvalso di un rimedio incompatibile con tale richiesta” (art. 46 CISG).

Auspichiamo che la presente disamina della Convenzione di Vienna possa aiutare a risolvere gli interrogativi sulle sorti degli accordi transfrontalieri di compravendita di beni mobili, a fronte delle inevitabili conseguenze della pandemia da Covid-19 – nonché dei provvedimenti adottati dagli Stati contraenti, e non solo, per contenerne la propagazione – sul commercio internazionale. A tal riguardo, la rilevanza di questo testo è indiscutibile: infatti, attualmente dieci dei dodici Paesi che registrano il maggior numero di contagi sono altresì Stati firmatari della Convenzione di Vienna.

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