Sollecitazione di cause contro medici e ospedali. Scatta la responsabilità professionale

Sollecitazione di cause contro medici e ospedali. Scatta la responsabilità professionale

a cura di Avv. Simone Scelsa, avv. Davide Matteo Ripamonti, dott.ssa Giorgia Renne

La sollecitazione indiscriminata di cause nei confronti di medici ed enti ospedalieri può comportare responsabilità professionale in capo all’avvocato che non agisce nel rispetto dei principi stabiliti dal Codice Deontologico.

Attualmente l’Italia sta affrontando un’emergenza sanitaria senza precedenti. La pandemia (così definita dall’OMS l’11 marzo scorso) provocata dal virus Covid-19, sta mettendo a dura prova il sistema sanitario nazionale e in primis i suoi operatori, che sono oggi impegnati nella dura battaglia di cui leggiamo quotidianamente sui giornali: l’insufficienza dei posti letto nelle terapie intensive; la carenza di personale, che costringe medici e infermieri a turni estenuanti in condizioni di lavoro precarie; la scarsità dei presidi medici necessari, dai respiratori alle ormai celebri mascherine; ma soprattutto il continuo aumento del numero di contagi e di decessi. E ultimamente alla lunga lista di nemici da affrontare, se n’è aggiunto uno particolarmente sgradevole.

 

È notizia certa ormai che, nelle ultime settimane, alcuni studi professionali di avvocati abbiano pubblicizzato la propria attività di consulenza – anche gratuita – e di assistenza legale per perseguire presunti errori e negligenze commesse dagli esercenti delle professioni sanitarie nella gestione di questa difficile situazione, incentivando di fatto i cittadini ad intentare cause per responsabilità medica e azioni di risarcimento nei confronti dei medici e degli infermieri che stanno lottando contro la diffusione del Covid-19.

 

Si tratta con ogni evidenza, ed ove effettivamente posta in essere attraverso queste modalità, di un’attività censurabile a parere di chi scrive, che si pone ben al di fuori del perimetro etico, professionale e deontologico che dovrebbe informare l’intera attività forense.

Grande è stata, come prevedibile e non di meno giustificata, l’indignazione da parte dei vertici dell’organizzazioni professionali dei medici: in primo luogo il dott. Filippo Anelli, presidente della FNOMCeO (Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e Odontoiatri), ha scritto al presidente del CNF, l’avv. Andrea Mascherin, chiedendo di vigilare sul rispetto da parte degli avvocati degli obblighi di deontologia professionale; inoltre, il dott. Gianluigi Spata, presidente della FROMCeO, ha rivolto un appello – a nome anche dei presidenti degli ordini provinciali della Regione Lombardia – sia al Presidente della Repubblica sia al Presidente del Consiglio affinché siano adottate misure legislative urgenti e specifiche per questa pandemia a tutela dei professionisti sanitari coinvolti; e infine il presidente dell’Enpam, dott. Alberto Oliveti, ha presentato un esposto urgente all’Autorità Garante della concorrenza e del mercato contro le sopradescritte campagne pubblicitarie lanciate dagli studi legali.

E mentre alcuni Ordini professionali forensi già censurano aspramente queste condotte dei propri membri, le forze politiche elaborano soluzioni per ovviare al problema: infatti, a tal riguardo tutti i partiti di maggioranza e opposizione hanno presentato al Senato numerose proposte di emendamento del d.d.l. n. 1766 di conversione del c.d. Decreto Cura Italia (D.l. n. 18 del 17 marzo 2020, recante misure di potenziamento del Servizio sanitario nazionale e di sostegno economico per famiglie, lavoratori e imprese connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19).

Il Movimento 5 Stelle vorrebbe ad esempio concedere il patrocinio gratuito a spese dello Stato per i sanitari convenuti in giudizio, mentre Forza Italia, Fratelli d’Italia e Italia Viva chiedono che sia previsto un esonero della responsabilità. I senatori del Partito Democratico, forse più prudentemente, propongono invece la previsione di una limitazione della responsabilità civile e per danno erariale in capo alle strutture sanitarie (pubbliche e private) e agli esercenti professioni sanitarie “per tutti gli eventi avversi che si siano verificati o abbiano trovato causa durante l’emergenza epidemiologica Covid-19”, eccetto per condotte riconducibili a dolo o colpa grave; quest’ultima viene definita, nel citato emendamento proposto dai senatori del Partito Democratico, come una “macroscopica e ingiustificata violazione dei principi basilari che regolano la professione sanitaria o dei protocolli o programmi emergenziali predisposti per fronteggiare la situazione in essere”;.

Anche la punibilità penale – fermo quanto previsto dall’art. 590 sexies c.p. – è limitata ai soli casi di colpa grave.

Sarà certamente interessante analizzare e commentare i provvedimenti legislativi sul tema quando questi saranno effettivamente adottati, offrendone un’analisi critica anche alla luce dell’attuale disciplina – regolata dalla L. n. 24/2017 (c.d. legge Gelli-Bianco) – vigente in materia di responsabilità medica.
Vi sono però, e a prescindere dalla comprensibile risposta emotiva suscitata dalla vicenda, alcune considerazioni di ordine generale che è bene tenere a mente:
La salute è un diritto fondamentale dell’individuo che trova tutela costituzionale nell’art. 32 Cost.
Qualsiasi provvedimento legislativo, quindi, che verrà approvato in difesa della categoria dei professionisti sanitari in questa specifica situazione di emergenza, non potrà mai avere l’effetto di comprimere ingiustificatamente e illimitatamente la legittimazione del singolo (anch’essa costituzionalmente garantita all’art. 24 Cost.) ad agire in giudizio a tutela dei propri diritti tra cui, per l’appunto, il diritto alla salute, qualora si ravvisino gravi ed effettive violazioni dello stesso.
Certamente criticabile è la condotta di quegli avvocati che, in un momento di piena emergenza nazionale, approfittando dell’inevitabile caos derivante dalla carenza di personale e di presidi medico-chirurgici, sollecitano l’adozione indiscriminata di iniziative giudiziali a carico degli enti ospedalieri e dei sanitari.

È pertanto auspicabile un’attenta vigilanza degli ordini professionali territorialmente competenti, fermo restando che sarà altresì obbligo dei professionisti legali prestare la massima attenzione agli aspetti più strettamente giuridici della questione, che non riguardano solo l’etica professionale, ma anche l’interesse della parte assistita.

 

L’avvocato, infatti, non solo è tenuto ad uniformarsi ai doveri di probità, dignità e decoro nell’ambito della sua professione, ma ha il dovere di agire con coscienza, diligenza e competenza.

 

Questo comporta, al di là del resto, l’obbligo in capo al professionista di studiare il caso con la massima cura, prospettando sempre al cliente la possibile fondatezza dell’azione da intraprendere e rifiutandosi di intraprendere invece azioni manifestamente infondate (per le quali, oltretutto, vige la responsabilità patrimoniale anche del professionista).

Questa attività sostanzialmente “di studio” della fattispecie concreta è un compito di fondamentale importanza che spetta all’avvocato il quale, al momento del conferimento dell’incaricato, assume nei confronti dei propri assistiti ben precisi doveri deontologici di informazione (art. 27 del Codice deontologico forense). E in una situazione come quella attuale, è evidente che le condizioni di straordinaria emergenza, in cui i sanitari sono costretti ad agire, comportano o possono comportare per gli stessi e per gli enti ospedalieri convenuti ovvie esimenti di responsabilità per cause di forza maggiore.

Ciò comporta che il professionista – una volta esaminato attentamente il caso di specie – deve cercare di dissuadere il cliente dall’intraprendere un giudizio dall’esito sfavorevole, che gli procurerebbe oltretutto danni patrimoniali anche rilevanti rappresentati, quanto meno, dalle spese di patrocinio proprie e delle controparti.

Conformemente a quanto appena rilevato, in data 1 aprile 2020 il Consiglio Nazionale Forense, riunito in seduta straordinaria, ha fortemente condannato quelle iniziative di alcuni avvocati e studi legali che incoraggiano azioni giudiziarie nei confronti del personale medico impegnato in prima linea sul fronte dell’emergenza Covid-19. Il CNF ha inoltre garantito “l’attenta e forte vigilanza di tutte le istituzioni forensi nell’individuare e sanzionare i comportamenti di quei pochi avvocati che intendono, speculare sul dolore e le difficoltà altrui, nel difficile momento che vive il nostro Paese”, poiché tali comportamenti integrano una grave violazione dei principi etici che informano – e devono informare – la professione di avvocato.

In conclusione, che sia per effetto di un eventuale provvedimento normativo ovvero a seguito del monito pronunciato dal CNF, auspichiamo una rapida risoluzione della problematica in oggetto, di modo da consentire agli operatori sanitari di combattere l’unica battaglia che in questo momento tutti insieme dobbiamo vincere: quella contro il virus Covid-19.

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