Competenza giurisdizionale nella vendita internazionale di beni mobili

Competenza giurisdizionale nella vendita internazionale di beni mobili

a cura di avv. Simone Scelsa

Nei contratti di vendita internazionale di beni mobili, l’individuazione della competenza giurisdizionale presenta problemi che non possono essere sempre risolti mediante l’inserimento nel contratto di una specifica regola Incoterms, identificante un luogo specifico di consegna e, quindi, di esecuzione del contratto.

Nell’esecuzione di tali contratti, può accadere infatti che il compratore rifiuti di pagare il prezzo dei beni che ha acquistato, oppure voglia eccepire al venditore la mancanza di qualità promesse o i vizi della merce acquistata. Al venditore nel primo caso, o al compratore nell’altro, non resta quindi che rivolgersi al giudice competente per l’ottenimento di un decreto ingiuntivo o di una sentenza di condanna, oppure per esercitare le azioni di garanzia.

Ma come si individua il giudice competente?

Se venditore e compratore hanno sede o domicilio in Stati membri dell’Unione Europea, trova applicazione l’art.4 n.1 del Regolamento (UE) N. 1215/2012 del 12 dicembre 2012, entrato in vigore il 10 gennaio 2015 in sostituzione del previgente Regolamento (UE) N.44/2001 e concernente “la competenza giurisdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale” secondo il quale:

  1. È competente in via generale, il giudice dello Stato membro in cui il convenuto è domiciliato. La regola standard, quindi, è quella del foro del convenuto;
  2. È altresì (e alternativamente) competente, in base all’art.7 n.1 lett.a), in materia contrattuale, “il giudice del luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio”. E cioè, a norma della successiva b) primo trattino, nel caso della compravendita di beni, “il luogo, situato in uno Stato membro, in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto”.

 

Non diversa è l’ipotesi in cui una delle parti, invece, non ha sede o domicilio in uno Stato della UE. In tal caso occorre, ai fini dell’individuazione del giudice competente, richiamare la Legge n. 218 del 1995, e segnatamente l’art. 3, comma 2, ai sensi del quale, per l’individuazione della competenza giurisdizionale, si deve fare riferimento ai criteri stabiliti dalla Convenzione di Bruxelles del 22 settembre 1968, oggi sostituita – salvo il caso delle RUP (Regioni Ultra Periferiche disciplinate dall’art.355 TFUE), dal già citato Regolamento (UE) 1215/2012, applicabile anche allorché il convenuto non sia domiciliato nel territorio di uno Stato contraente, purché in materie, come la compravendita di beni mobili, comprese nel campo di applicazione della Convenzione.

Pertanto, nel caso in cui il convenuto non abbia domicilio nel territorio di uno Stato contraente:

  1. È competente in via generale, il giudice del luogo in cui il convenuto risiede o è domiciliato, e quindi il giudice dello Stato di residenza, sede o domicilio del convenuto (non UE);
  2. È altresì (e alternativamente) competente, in base all’art.7 n.1 lett.a), in materia contrattuale, “il giudice del luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio”. E cioè, a norma della successiva b) primo trattino, nel caso della compravendita di beni, “il luogo, situato in uno Stato membro, in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto.” Se il luogo di consegna non si trova all’interno del territorio di uno Stato contraente, la competenza di cui alla lettera a) che precede non può quindi essere derogata.

Tenendo presente che il problema non cambia se ad agire è il venditore o il compratore, facciamo alcuni esempi concreti per chiarire l’ambito di applicazione delle norme richiamate.

[Esempio a]

La società Alfa, con sede a Milano (Italia), vende una partita di merce alla società Beta, con sede a Barcellona (Spagna), senza precisare nel contratto alcunché in merito al luogo di consegna dei beni e alla competenza giurisdizionale. In caso di inadempimento della società Beta, che rifiuta di pagare il prezzo, la società Alfa non avrà altra scelta che rivolgersi al giudice di Barcellona, essendo questo il giudice competente sia in base a quanto stabilito dall’art.4 n.1 del Reg. UE 1215/2012 (Foro del Convenuto), sia in base al criterio alternativo previsto dallart.7 n.1 lett.b primo trattino del medesimo regolamento UE. E questo perché in assenza di specifiche previsioni contrattuali, deve presumersi che le parti abbiano previsto che la consegna avvenga a Barcellona, presso la società Beta.

[Esempio b]

Qualora invece, in identica situazione, la società Beta avesse sede a Santos, in Brasile, e le parti nulla avessero precisato in ordine alla competenza giurisdizionale e al luogo di consegna (che dovrebbe quindi presumersi in Brasile), sarebbe competente unicamente il giudice brasiliano, essendo il foro generale del convenuto, in questo caso, l’unica opzione possibile.

[Esempio c]

Restando all’esempio appena fatto, ipotizziamo invece che la società Alfa e la società Beta abbiamo previsto specificatamente la consegna della merce compravenduta presso un terminal portuale di Genova, inserendo nel contratto di compravendita la regola Incoterms “CIF Porto di Barcellona Terminal A”   [Esempio a], oppure “CIF Porto di Santos Terminal A [Esempio b]. Analogamente al caso precedente, il venditore che non ha ricevuto il pagamento potrà rivolgersi al giudice di Madrid (foro generale del convenuto nel Esempio a) oppure al giudice brasiliano (foro generale del convenuto nel Esempio b), ma visto e considerato che la consegna della merce, come disciplinato dalla regola Incoterms richiamata (che prevede la consegna della merce al porto di imbarco, caricata sulla nave), avviene al porto di Genova, è lecito chiedersi se la società Alfa possa rivolgersi anche al giudice del luogo in cui doveva essere eseguita o è stata eseguita la consegna, e quindi al giudice di Genova.

 

La risposta a questa domanda, secondo la giurisprudenza di legittimità della Corte di Cassazione, è generalmente negativa.

 

Occorre tuttavia, per chiarire meglio il problema, analizzare preliminarmente la struttura delle regole Incoterms

Le regole Incoterms, anche nella loro ultima versione del 2020, sono costituite da un set di undici termini di tre lettere e di un annesso per ogni termine composto da dieci articoli numerati A1/B1 ecc. in cui gli articoli A rappresentano le obbligazioni del venditore e gli articoli B rappresentano le obbligazioni del compratore.

In particolare, assume qui rilevanza il contenuto dell’annesso A2 e B2 di ogni regola Incoterms che è espressamente dedicato alla consegna. Prendendo il caso della regola Inconterms CIF (Cost Insurance and Freight / Costo Assicurazione e Nolo) dell’esempio precedente, gli annessi A2 e B2 prevedono che:

A2: Il venditore deve consegnare la merce mettendola a bordo della nave o procurando la merce così consegnata. In entrambi i casi, il venditore deve consegnare la merce alla data concordata o entro il periodo concordato e secondo l’uso del porto.

B2: Il compratore deve prendere in consegna la merce quando questa è stata consegnata come previsto in A2 e riceverla dal vettore nel porto di destinazione convenuto.

Questa regola Incoterms, utilizzabile solo per il trasporto marittimo o per vie d’acqua interne, contempla due (o più) porti: il porto di imbarco, eventuali porti di transito, e il porto finale di destinazione. Essa stabilisce che il venditore adempie la sua obbligazione di consegna caricando la merce sulla nave al porto di imbarco, affinché questa raggiunga poi il porto di destinazione (egli dovrà tuttavia pagare l’assicurazione della merce e il nolo sino al porto finale di destinazione). Una volta caricata la merce a bordo della nave nel porto di imbarco, egli ha adempiuto la propria obbligazione di consegna e, di conseguenza, ha diritto di essere pagato anche se la merce non arrivasse mai al porto di destinazione per fortuna di mare o altri eventi a lui non imputabili.

Non vi sono dubbi, quindi, inserendo in contratto la regola Incoterms CIF, che la caricazione della merce a bordo della nave al porto di imbarco (Genova) esaurisca, con il pagamento dell’assicurazione e del nolo, le obbligazioni che il venditore ha assunto nei confronti del compratore (fatti salvi, ovviamente, i vizi e le non conformità della merce). Egli, quindi, con la caricazione della merce al porto di imbarco ha “consegnato” la merce e non c’è altro, sotto questo aspetto, che deve fare.

Tornando quindi al contenuto dell’art.7 n.1 lett.a) del REG. (UE) 1215/2012 che, lo ricordiamo, in materia contrattuale, stabilisce che è competente a conoscere della controversia anche “il giudice del luogo di esecuzione dell’obbligazione dedotta in giudizio” e cioè, a norma della successiva lett.b) primo trattino, nel caso della compravendita di beni, “il luogo, situato in uno Stato membro, in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto”, dovremmo poter concludere che anche il giudice di Genova, nell’esempio appena fatto, abbia competenza a conoscere della relativa controversia e la società Alfa non sia quindi costretta a promuovere un giudizio avanti le autorità giurisdizionali spagnole o brasiliane.

Secondo un orientamento consolidato della Corte di Cassazione non è così.

Il giudice di legittimità distingue infatti il criterio di consegna giuridico, identificante il luogo in cui il rischio di danneggiamento o perimento della merce si trasferisce dal venditore al compratore, dal criterio di consegna materiale, tale dovendosi intendere il luogo di prevista e pattuita consegna dei beni, da identificarsi nel luogo della consegna materiale dei beni, mediante la quale l’acquirente ha conseguito o avrebbe dovuto conseguire il potere di disporre effettivamente dei beni stessi alla destinazione finale dell’operazione di vendita (Cassazione civile sez. un., ordinanza 13/12/2018 n.32362; Cassazione civile Sez. Un., Sent. n.11381 del 2016).

 

La Corte afferma che il criterio del luogo della consegna materiale della merce oggetto del contatto è il criterio da preferire perché presenta un alto grado di prevedibilità e risponde ad un obiettivo di prossimità, in quanto garantisce l’esistenza di una stretta correlazione tra il contratto e il giudice chiamato a conoscerne. In linea di principio, i beni che costituiscono l’oggetto del contratto devono trovarsi in tale luogo dopo l’esecuzione di tale contratto; inoltre, l’obiettivo fondamentale di un contratto di compravendita di beni è il trasferimento degli stessi dal venditore all’acquirente, operazione che si conclude soltanto quando detti beni giungono alla loro destinazione finale. Per superare la qualificazione del luogo di destinazione finale come quello di consegna materiale della merce, quale unico rilevante ai fini della determinazione della giurisdizione, occorre quindi che la pattuizione tra le parti sia chiara ed univoca e, prima ancora, occorre che vi sia una pattuizione e quindi, per elementari principi di diritto negoziale, un incontro di volontà a questo specifico fine.

Nell’affermare questo principio la Cassazione afferma di aderire all’orientamento consolidato della Corte di Giustizia UE di cui richiama le decisioni del 25 febbraio 2010 (causa C381/08, CarTrim), e del 9 giugno 2011 (causa C-87/10, Electrosteel Europe SA) che, a una più attenta lettura, enunciano il principio in modo un po’ differente come risulta dai passaggi seguenti:

Alla luce dell’insieme delle considerazioni che precedono, si deve risolvere la seconda questione dichiarando che l’art. 5 n. 1 lett. b, primo trattino del regolamento [il riferimento è all’abrogato REG. (UE) 44/2001 oggi sostituito dal REG. (UE) 1215/2012] deve essere interpretato nel senso che, in caso di vendita a distanza, il luogo in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto deve essere determinato sulla base delle disposizioni di tale contratto. Se non è possibile determinare il luogo di consegna su tale base, senza far riferimento al diritto sostanziale applicabile al contratto, tale luogo è quello della consegna materiale dei beni mediante la quale l’acquirente ha conseguito o avrebbe dovuto conseguire il potere di disporre effettivamente di tali beni alla destinazione finale dell’operazione di vendita” (decisione CarTrim, punto 62).

Ancora più specificamente, con la successiva decisione, la Corte di Giustizia UE ha affermato che:

Alla luce delle considerazioni sin qui svolte, si deve risolvere la questione sollevata dichiarando che l’art. 5, punto 1, lett. b), primo trattino, del regolamento [sempre vigente ratione temporis] deve essere interpretato nel senso che, in caso di vendita a distanza, il luogo in cui i beni sono stati o avrebbero dovuto essere consegnati in base al contratto deve essere determinato sulla base delle disposizioni di tale contratto. Al fine di verificare se il luogo di consegna sia determinato «in base al contratto», il giudice nazionale adito deve tenere conto di tutti i termini e di tutte le clausole rilevanti di tale contratto che siano idonei a identificare con chiarezza tale luogo, ivi compresi i termini e le clausole generalmente riconosciuti e sanciti dagli usi del commercio internazionale, quali gli Incoterms elaborati dalla Camera di commercio internazionale, nella versione pubblicata nel 2000 [oggi sostituita dalla versione pubblicata nel 2020]. Se non è possibile determinare il luogo di consegna su tale base, senza far riferimento al diritto sostanziale applicabile al contratto, tale luogo è quello della consegna materiale dei beni mediante la quale l’acquirente ha conseguito o avrebbe dovuto conseguire il potere di disporre effettivamente di tali beni alla destinazione finale dell’operazione di vendita” (decisione Electrosteel Europe SA, punto 26).

Una lettura attenta della sentenza della Corte di Giustizia UE (causa C-87/10) rivela, in realtà, un atteggiamento meno intransigente di quello assunto dal giudice di legittimità italiano perché riconosce, o sembra riconoscere alle regole Incoterms un ruolo importante nella regolamentazione non statuale del commercio internazionale.

Tali regole, precisa la Corte di giustizia UE (punto 21 nella sent. cit.) agevolano i compiti degli operatori nella redazione del contratto, poiché, mediante l’uso di termini brevi e semplici, riescono a specificare gran parte delle loro relazioni commerciali ed essendo regole abitualmente impiegate nel commercio internazionale, sono caratterizzate da un riconoscimento e da un impiego nella pratica particolarmente ampi.

Secondo la Corte regolatrice UE il giudice nazionale dovrebbe quindi tenere conto di tutti i termini e di tutte le clausole rilevanti di un contratto, ivi comprese le regole Incoterms eventualmente inserite dalle parti, purché queste siano idonee a consentire l’identificazione, con chiarezza, del luogo di consegna della merce. Se, quindi, il contratto considerato contiene termini o clausole di siffatto genere, può risultare necessario esaminare se si tratti di pattuizioni volte a stabilire unicamente le condizioni relative alla ripartizione dei rischi legati al trasporto dei beni e dei relativi costi, oppure se esse indichino anche il luogo di consegna dei beni.

L’interpretazione del giudice comunitario apre, quindi, alla possibilità che una determinata regola Incoterms contenuta in un contratto di compravendita internazionale possa effettivamente consentire al giudice nazionale di stabilire se le parti hanno, attraverso di essa, voluto disciplinare non solo il criterio di consegna giuridica, ma anche quello di consegna materiale. Assumono o possono assumere rilevanza, a questo fine, la qualità professionale delle parti, l’abitualità nell’utilizzo di una specifica regola Incoterms, ecc..

Per quanto riguarda le società italiane è tuttavia indispensabile tenere conto dell’orientamento assunto dalla Corte di Cassazione che può considerarsi così riassunto:

Il criterio di consegna incorporato negli Incoterms definisce la consegna in senso giuridico, ovvero il luogo in cui si verifica il passaggio del rischio di perimento o danneggiamento della merce dal venditore al compratore, ma non definisce necessariamente il criterio di consegna materiale, coincidente invece con il luogo in cui l’acquirente ha conseguito o avrebbe dovuto conseguire il potere di disporre effettivamente dei beni stessi mediante loro apprensione materiale.

Ciò significa che il venditore, in conformità alla regola Incoterms utilizzata, si libera certamente dalle proprie obbligazioni procurando la consegna della merce nel luogo indicato dalla regola Incoterms utilizzato, ma ciò non determina, in assenza di specifiche e inequivocabili previsioni contrattuali, che quel luogo di consegna sia anche quello utilizzabile per l’individuazione del giudice competente a conoscere della relativa controversia ex art.7 n.1 lett.b, secondo trattino, REG. (UE) 1215/2012, dovendosi fare riferimento, per l’individuazione di quest’ultimo, al criterio di consegna materiale come sopra definito e non a quello giuridico, ove non espressamente derogato dalle parti.

In conclusione, onde evitare incertezze sul punto, è altamente consigliabile redigere il contratto di compravendita in modo preciso specificando, ove si utilizzi una regola Incoterms, che attraverso al sua adozione le parti abbiamo inteso espressamente derogare al criterio di consegna materiale, dovendosi intendere quale luogo di consegna effettiva delle merci e non solo quale luogo di passaggio del rischio dal venditore al compratore, solo ed esclusivamente il luogo in cui, a norma dell’annesso A4 della regola Incoterms 2020 adottata, il venditore adempie la sua obbligazione giuridica di consegnare la merce.

Condividi sui social