Appalto privato: le variazioni ordinate dal soggetto committente non soggiacciono al requisito della forma scritta

Appalto privato: le variazioni ordinate dal soggetto committente non soggiacciono al requisito della forma scritta

a cura di avv. Simone Scelsa e avv. Davide Matteo Ripamonti

Con la sentenza n. 32989 del 13 dicembre 2019 la Corte di cassazione ha ribadito il principio secondo cui, in tema di appalto, il regime probatorio a cui sono soggette le variazioni apportate all’opera oggetto di contratto è destinato a mutare a seconda che queste siano state introdotte per iniziativa dell’appaltatore o siano state invece ordinate dal committente.

Come è infatti noto, l’art. 1659 c.c. prevede che le modifiche apportate su proposta dell’appaltatore siano autorizzate dal committente in forma scritta; per converso l’art. 1661 c.c. – che disciplina invece le variazioni ordinate dal soggetto committente – consente all’appaltatore di provare con tutti i mezzi consentiti, ivi comprese le presunzioni, che le variazioni apportate siano state richieste dall’appaltante.   

In ossequio al principio anzidetto, con la sentenza oggetto di commento la Cassazione ha cassato con rinvio la pronuncia della Corte d’Appello di Milano con cui il giudice di merito si era limitato a prendere atto della mancanza di un’autorizzazione scritta, e questo rigettando le istanze istruttorie avanzate dall’appaltatore finalizzate a dimostrare che le variazioni apportate erano state invece ordinate dal soggetto committente. 

Ne consegue che, secondo il principio affermato dalla Corte, l’assenza di un’autorizzazione scritta da parte del committente non preclude all’appaltatore la possibilità di dimostrare che le varianti apportate siano state ordinate dal soggetto appaltante e ottenere quindi un incremento del compenso inizialmente pattuito.

La pronuncia sopraccitata risulta inoltre particolarmente rilevante in quanto con la stessa la Corte ha preso posizione in merito al dibattito giurisprudenziale relativo al requisito della forma scritta prescritto dall’art. 1659 c.c. relativa alle varianti introdotte su iniziativa dell’appaltatore.

Nonostante, infatti, un consolidato orientamento sia solito ritenere che l’obbligo formale in parola sia previsto solo ad probationem – qualificazione che, oltre a essere fedele alla lettera della norma, appare altresì coerente con il principio della libertà delle forme previsto in materia di appalto – con la sentenza in commento la Corte afferma espressamente la necessità che “l’autorizzazione risulti da atto scritto ad substantiam”, confermando così quanto sostenuto in alcune sue precedenti pronunce (in senso conforme, ex multis, Cass., 24 settembre 1994, n. 7851).

 

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